PROFILO DI UN MAKER
 
La domanda nasce spontanea: chi sono i maker? Cosa fanno? Cosa hanno in comune con i nerd? Sono domande che spesso ci poniamo ma non hanno una risposta chiara. Proviamo a scoprirlo.
Nerd, è un termine coniato in lingua inglese, negli Stati Uniti D’America. Identifica un soggetto, donna o uomo indifferentemente, che sia molto portato/appassionato di tecnologia, sia essa di natura informatica che elettronica o comunque tecnica che necessitando di tempo per sperimentare, studiare e provare, si isola rispetto al mondo sociale ed alla comunità. Lo stereotipo del nerd è una persona che mostra un aspetto trascurato, spesso in sovrappeso con occhiali di improbabili sagome e che parla molto poco. Ma questo è solo una ipotetica figura rappresentata nell’immaginario collettivo che nella filmografia degli anni ’80 caratterizzava storie di giovanissimi che spesso avevano a che fare con complessi sistemi informatici e che addirittura riuscivano a ledere la sicurezza nazionale.
 

Wikipedia definisce il Maker quale artigiano digitale ovvero una persona che svolge attività di bricolage e in generale, di fai da te avvalendosi di tecnologie digitali. Tra gli interessi tipici degli artigiani digitali vi sono: realizzazioni di tipo ingegneristico, come apparecchiature elettroniche, realizzazioni robotiche, dispositivi per la stampa 3D. Il maker è un innovatore, un appassionato di tecnologia, un educatore, un pensatore, un inventore, un ingegnere, uno studente o un artigiano ovvero anche un ricercatore universitario. Tutti coloro, insomma, che creano e stupiscono con la forza delle proprie idee realizzando prodotti in modo digitale e trasformando oggetti di design in oggetti fisici sfruttando la stampa 3D, il plotter oppure le diffusissime schede open source come Arduino, Theremino ecc. E voi, a quale categoria pensate di appartenere?

"Area progetti"
per i Maker a caccia di terremoti

*prima di eseguire la realizzazione dei progetti proposti, è vivamente consigliata la lettura dell’appendice alla fine della pagina.

Premessa sui sensori

In sismologia conoscere l’effettivo movimento del suolo secondo gli assi X,Y e Z è fondamentale, la costruzione di sensori sensibili ai movimenti orizzontali (ondulatori) e verticali (sussultori) sarà il nostro primario obiettivo (non solo). Sia i sensori sensibili ai movimenti verticali (asse Z) che i sensori orizzontali sensibili ai movimenti orizzontali (assi X e Y) sono costruiti ed utilizzati anche in base al loro “periodo naturale”, come già descritto in appendice. Il periodo naturale di questi sensori si dice che è “lungo” o “corto”. Nel primo caso, per i sensori sensibili a frequenze basse, nel secondo per sensori sensibili a frequenze più elevate. I sensori verticali e orizzontali corto periodo sono i più usati (periodo naturale da circa 1Hz a circa 4,5Hz) per rilevare eventi anche di piccolissima entità. Per rilevare invece le deformazioni della crosta terrestre (telesismi) si devono utilizzare i sensori “a lungo periodo”. Sensori di questo tipo possono rilevare terremoti da qualsiasi parte del mondo. A titolo di conoscenza, è bene sapere che esistono altri tipi di sensori costruiti con caratteristiche tecniche particolari tali da poter rilevare praticamente ogni tipo di frequenza tra zero e centinaia di Hertz. Questi sensori sono chiamati: sensori a larga banda, o Broad-band.

La domanda è: quale sensore voglio (devo) costruire? Per registrare terremoti lontani (frequenze basse/lente) dobbiamo costruire sensori a lungo periodo. Se invece ci interessa la sismicità locale a media lunga distanza (fino a circa 100Km) dobbiamo cimentarci a costruire sensori a corto periodo (frequenze più alte).

Sensori "lungo periodo"

Come detto, i sensori lungo periodo, sono prediletti per ricevere segnali sismici il cui epicentro è piuttosto lontano: i c.d. “Telesismi“. Da un punto di vista scientifico sperimentale, registrare questo tipo di onde sismiche dà molta soddisfazione, specie se lo strumento è stato interamente progettato e realizzato da noi. Costruire un sismometro lungo periodo non è difficile e non significa escludere a priori gli eventi locali che nell’arco di qualche chilometro, vedremo incisi a prescindere nel nostro sismogramma.

Principio di funzionamento di un sensore orizzontale
Qualsiasi sensore di movimento si basa praticamente sul principio dell’inerzia. Attraverso il braccio di un pendolo si cerca di svincolare il più possibile la massa del sensore rispetto al terreno. La distanza tra la massa e il terreno (o tra la massa e il supporto del pendolo che è solidale al suolo) dà la valutazione del movimento del suolo. I sensori “a pendolo” sono legati alle c.d. leggi del moto armonico, le quali dicono che il periodo di un pendolo non varia al variare del peso della massa oscillante ma al variare della lunghezza del braccio oscillante. Come ben illustrato nell’appendice. Tale principio è conosciuto tra i sismo amatori di tutto il mondo e caratterizza i pendoli del tipo “Lehman”.

RACCOMANDAZIONI. E’ vivamente sconsigliato l’uso del legno! Questo materiale, tende a cambiare dimensioni e scricchiola in ambienti secchi o al contrario umidi. Ma, di contro, se non avete altro materiale o se volete solo realizzare un prototipo da trasformare successivamente allora va bene. Sarebbe prediletta la plastica o meglio il teflon. Va bene il metallo. Una volta realizzato lo strumento, è consigliabile costruire un guscio trasparente per evitare che correnti d’aria, insetti o involontari urti possano compromettere il segnale. Procedete per gradi, pianificando il lavoro. Costruire un sismografo è un’impresa entusiasmante ma occorre diligenza e buon senso. Non abbiate fretta!

IL SENSORE LEHMAN

Il sensore Lehman fu realizzato per la prima volta da James D. Lehman della James Madison University, sita a Harrisonburg, in Virginia (USA). Il primo sismografo costò meno di 500$ ed il primo articolo sullo strumento fu pubblicato dalla rivista americana Scientific American, nel luglio del 1979. Attenzione, da non confondere con Inge Lehmann sismologa geofisica danese (Copenaghen, 13 maggio 1888 – Copenaghen, 21 febbraio 1993). 

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Appendice

PRIMA DI TUTTO “LA SICUREZZA”

Carissimi Maker, prima di addentrarsi nel mondo della progettazione e della sperimentazione, è fondamentale ricordare quali sono i principali rischi che si incorrono nel nostro piccolo (grande) laboratorio, sia esso un garage, una mansarda  o la sala hobby.  E’ pur vero che utilizzeremo tensioni davvero minime, ma è altrettanto vero che i vostri utensili sono in larga percentuale alimentati con 220 volt. Si precisa che per qualsiasi danno a cose od a persone non siamo responsabili delle conseguenze, specie per un uso scorretto delle attrezzature e delle procedure.

RISCHI:

1) Rischi fisici:
Rischio di elettrocuzione (fulminazione); quasi annullati dalla presenza ed efficacia del sistema di presa a terra ed interruttore differenziale.
Rischio di scottatura,
rischio dovuto all’utilizzo cacciaviti e attrezzi appuntiti o taglienti e/o trancianti.

2) Rischi chimici:
rischio dovuti all’uso di sostanze per pulire i contatti;
rischi dovuti al piombo presente nelle saldature;
rischi dovuti all’uso del tricloruro ferrico per incisione chimica dei circuiti stampati.

USO DEI DPI:

E’ indispensabile l’uso dei dispositivi di protezione individuale come ad esempio l’uso di occhiali nell’utilizzo del trapano a colonna, oppure i guanti se ci cimentiamo nella saldatura ad elettrodo oppure la mascherina in presenza di polveri o le cuffie nel caso di utilizzo di apparecchiature rumorose. Insomma siate pignoli nel proteggervi.

Per le saldature a stagno è vivamente consigliato l’uso di una cappa di aspirazione dei vapori ( ad es.: il piombo). Non trascurare una corretta illuminazione dell’ambiente di lavoro.

CASSETTA DI PRIMO SOCCORSO

E’ vivamente consigliabile avere nelle vicinanze una piccola cassetta di primo soccorso, con delle compresse di garza disinfettante ghiaccio ecc. specialmente se il nostro laboratorio non è in casa. 

IL PENDOLO ED I SENSORI DI MOVIMENTO

Quando avvertiamo un terremoto, per averne conferma, è spontaneo guardare il lampadario e da qualche anno andiamo a verificare sulle app che il mondo del web mette a disposizione. Se dopo aver avvertito la vibrazione il lampadario rimane fermo, comprendiamo che a provocarla non è stato un terremoto. Questo perché il terremoto, è caratterizzato da frequenze molto basse ed è in grado di innescare il movimento del lampadario. Fondamentalmente, il lampadario, non è altro che un sismoscopio a pendolo. Quindi, uno dei migliori metodi per studiare il movimento del terreno è il pendolo. Un pendolo, con una massa relativamente grande, in caso di sisma, all’inizio rimane fermo per effetto dell’inerzia, successivamente inizierà l’oscillazione. Il nostro obiettivo, è capire come deve essere fatto il pendolo per realizzare un sensore abbastanza sensibile; 0vvero capire a che velocità deve oscillare. Il problema è presto risolto! Dobbiamo far affidamento su qualche nozione di fisica. Vediamo qualche definizione e qualche calcolo che ci tornerà utile nelle fasi di realizzazione.

Il periodo è la velocità che il pendolo impiega per eseguire una oscillazione completa.

L’oscillazione è considerata completa quando il pendolo sollecitato dal terremoto raggiunge il punto A poi, ripassando per lo zero, raggiunge il punto B e ritorna a zero.

La velocità, ovvero il periodo, non cambia se cambia la massa. Quindi se ad es.: realizziamo un pendolo con una massa di 1Kg oppure di 1000Kg, impiegherà lo stesso tempo per compiere una oscillazione completa.

Ma allora qual è il parametro che fa variare l’oscillazione del pendolo? Risposta: l’oscillazione del pendolo, dipende dalla sua lunghezza cioè dalla corda che dal fulcro arriva alla massa. Più è lunga la corda, più lenta sarà l’oscillazione. Cerchiamo di sintetizzare:

il tempo che il pendolo compie per effettuare una oscillazione completa (andata e ritorno) si chiama periodo e lo indichiamo con la lettera T e viene misurato in secondi. Il numero di oscillazioni complete effettuate in un secondo, S si chiama frequenza e si misura in Hertz (Hz). Sono una, il reciproco dell’altra.

Sono concetti che generano confusione, vero? Ma facciamo un esempio chiarificatore. Se un pendolo impiega 4 secondi per fare una oscillazione completa che frequenza di oscillazione ha? 

Se: f=1/T

dove: f= frequenza; T= periodo      quindi: f=1/4

(soluzione) f= 0.25 Hz ( Frequenza)

             

Le due formule di cui dobbiamo tener conto sono queste.

Premesso che la forza con cui la Terra attira una massa a se è chiamata forza peso o, più brevemente, peso e dipende dall’accelerazione di gravità g, che è circa uguale a 9,81 m/s2 possiamo passare ad un esempio operativo.

Es.:

Se l (elle) (lunghezza del pendolo) è = 60 cm (ovvero 0,6 m) allora:

T= (3.14*2) * √0.6/9.81=6.28 * √0.061162 =
6.28 * 0.2473095 =
T= 1.5 (periodo) (0vvero il tempo che il pendolo impiega per eseguire una oscillazione completa)
f= 1/1.5

f= 0.66Hz (frequenza) (cioè il numero di oscillazioni che il pendolo effettua in 1 secondo).